Alby™ |
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| Sembra l’ennesima follia. Avere Pirlo e mandarlo via. Eppure è esattamente ciò che succederà a breve. L’annuncio del nuovo attaccante, appena possibile, poi un nuovo, doloroso addio. Tutto deciso, anche la tempistica, che ha una sua importanza, per attutire nuove reazioni della piazza; ma stavolta, a differenza di quanto accaduto con Kakà, questa partenza non sarà dettata esclusivamente da esigenze di cassa. C’è una ragione di natura squisitamente tattica alla radice di questa scelta solo apparentemente suicida. Se si vuole operare un cambiamento drastico nella manovra del Milan, ed è l’intendimento dichiarato di Leonardo, il modo più sbrigativo e risolutivo di intervenire è proprio quello di espungere Pirlo dal contesto tattico. Genio sopraffino, in grado di verticalizzare con precisione millimetrica come pochi altri nel panorama mondiale, Pirlo è però il catalizzatore dell’intera manovra: se è in campo, logica vuole che i compagni appoggino il gioco su di lui per l’impostazione. E se non c’è grande movimento in profondità da parte degli altri, tutto inevitabilmente ristagna e si riduce a uno stucchevole fraseggio per linee orizzontali, contro due linee avversarie perfettamente schierate. Morale: non dovrà più esserci un Milan lento e monocorde. Il progetto di Leo non prevede più il centromediano metodista, ma due centrali di centrocampo a protezione di un compagno avanzato in posizione quasi da trequartista. Nella mente di Leo sarà un Milan in grado di sviluppare con continuità anche un gioco sugli esterni, ciò che con Ancelotti non era previsto. Un Milan più rapido e incisivo, non vittima del proprio narcisistico ma sterile palleggio. Un Milan nel quale Pirlo è un di più, anzi paradossalmente può risultare controproducente. E considerato che Andrea è ormai trentenne e viene da due annate deludenti, la sua cessione, per quanto dolorosa, non è un’eresia. www.milanews.it |
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